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Sara Casale
Deserto Organico è un progetto di gruppo nel quale ogni componente (tre in questo caso) ha indagato il concetto di alienazione emerso nella "trilogia dell'incomunicabilità" di Michelangelo Antonioni, prestando una particolare attenzione a Deserto rosso.
Penso che la sequenza sia un modo chiaro ed alternativo per comunicare la forza di un'azione. Nelle immagini sottostanti, la figura umana viene sovrastata dallo spazio circostante, fondendosi man mano con la natura.




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Mi sono spostata in uno spazio chiuso per lavorare sui contrasti e sull'idea di "celato".
Mi piaceva il pensiero di una persona alienata da un oggetto contundente, come se il pericolo distasse solo qualche centimetro e bastasse una minima disattenzione per farsi male. Lavorando sugli sfondi e sulla messa a fuoco ho cercato di avvicinarmi alla tecnica del regista.



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Colori nebbiosi, presenza di fumo e di vapori alimentano l'estetica di Deserto rosso.
Mi sono trovata in un contesto nel quale i colori erano neutralizzati dalla presenza della neve e dalla giornata nuvolosa. Ho deciso quindi di scattare un'ulteriore sequenza in cui il passaggio tra primo piano - soggettiva - primo piano, potesse marcare il cambiamento espressivo della figura umana, la quale si fonde, anche moralmente, con lo spazio circostante.




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Tramite la stessa logica precedente ho scattato un’ulteriore sequenza in cui il protagonista è alienato da uno degli oggetti tecnologici più utilizzati dalla società moderna: la TV.




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Lo specchio è un oggetto che permette di essere interpretato in più modi. Antonioni lo utilizza in diverse scene e personalmente lo trovo affascinante in quanto consente di frastagliare l’immagine e di creare interessanti giochi di sguardo. Ho provato quindi ad utilizzarlo in due occasioni: nei primi scatti, l’idea era di voler comunicare una confusione generale, come se l’alienazione dentro la testa della persona, riuscisse a riflettersi nell’ambiente circostante. Nelle seconde, ritorna l’elemento dell’accetta, decontestualizzata e messa ancora una volta in un ambiente non troppo sicuro. Lo specchio mostra e nasconde e “l’io”, confuso da sé stesso, tenta di confrontarsi con un’altra parte di sé



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Negli scatti successivi, viene introdotta la presenza dell’elemento organico: un oggetto che “non è al suo posto” eppure sembra riuscire a conferire un contatto con la realtà maggiore. Tornando agli scatti primordiali, ho ricercato un contatto con il vetro, andando al di là di questo e utilizzandolo come metafora di una realtà celata, sempre più offuscata mano a mano che ci si allontana dalla sua superficie.




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